Gli appassionati d’armi dovrebbero essere ormai abituati alle stranezze della burocrazia italiana, ma la misura adottata a Napoli il 24 agosto scorso ha veramente dell’incredibile: il sindaco, Rosa Russo Jervolino, ha infatti invitato la prefettura del capoluogo campano a proibire la vendita dei coltelli dopo le ripetute aggressioni (culminate con la morte di Fabio Nunneri e Francesco Estatico) avvenute in città con tali strumenti definiti “di piccole dimensioni”. Ovviamente, l’invito è stato prontamente accolto e il prefetto Renato Profili ha proibito fino al 31 dicembre la vendita di “armi da punta e da taglio atte a offendere (…) a esclusione degli strumenti da punta e da taglio che, pur potendo occasionalmente arrecare offesa alla persone, hanno una naturale, specifica e diversa destinazione ossia: gli strumenti da lavoro e quelli destinati a uso domestico, agricolo, scientifico, sportivo e industriale” . Il provvedimento è stato motivato dalla constatazione che esistono “urgenti motivi di ordine e sicurezza pubblica” e che sussistono i presupposti per l’adozione di un provvedimento limitato nel tempo che “pur comprimendo interessi costituzionalmente garantiti, quali quelli della libertà del commercio, mira a garantire il superiore interesse della tutela della vita umana, prioritario rispetto a qualsiasi altro”. Ancora una volta, con un provvedimento poliziesco di stampo feudale si cerca di arginare un fenomeno che con “l’arma” non ha nulla a che fare, ma che riguarda piuttosto l’educazione e la civiltà di singoli individui. Ecco, allora, che piuttosto di perseguire e punire i singoli si rende tutta una città colpevole in modo collettivo, con un provvedimento che, al solito, non impedirà al bullo di turno di colpire a morte un malcapitato, magari con una bottiglia rotta, magari con un punteruolo, magari con una pietra. Per il prefetto di Napoli, evidentemente, la colpa non è di chi il coltello lo usa, ma solo dello strumento in quanto tale. Il divieto in quanto tale dimostra anche una certa imprecisione, visto che “armi da punta e da taglio” sono pugnali, spade e baionette e i coltelli non sono considerati “armi” dall’attuale legislazione. Anche se sembra tenere in considerazione, almeno formalmente, le richieste delle Associazioni di categoria dei commercianti, tendenti a individuare una casistica delle armi improprie soggette al divieto.